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L’iniziativa di Budapest per l’accesso aperto, dieci anni dopo

Prologo: L’iniziativa di Budapest per l’accesso aperto, dieci anni dopo

Dieci anni fa, la BOAI (Iniziativa di Budapest per l’accesso aperto) ha lanciato una campagna mondiale a favore dell’accesso aperto (OA) a tutta la ricerca recente soggetta a revisione paritaria.

La BOAI non ha inventato l’idea dell’accesso aperto: ha scelto di far convergere progetti già esistenti per condurli a “cooperare per raggiungere un risultato più vasto, profondo e rapido”.

L’iniziativa di Budapest, però, è stata la prima a usare l’espressione “accesso aperto” a questo scopo, la prima ad articolarne una definizione pubblica, la prima a proporre strategie complementari per realizzarlo, la prima a generalizzare il suo appello a tutte le discipline e tutti i paesi, e la prima a godere di un sostegno finanziario significativo.

Questa campagna mondiale, oggi, non è più nella fase iniziale, ma non si è ancora conclusa. Si trova nel suo pieno, con un decennio d’esperienza in più, a offrire nuove raccomandazioni per i prossimi dieci anni.

Ribadiamo “la dichiarazione di principio, … la dichiarazione di strategia e … la dichiarazione d’impegno” della BOAI. Riconfermiamo la nostra ispirazione a realizzare questo “nuovo bene comune” e “accelerare la ricerca, arricchire l’istruzione, condividere il sapere dei ricchi con i poveri, e quello dei poveri con i ricchi, rendere la letteratura il più possibile utile e gettare le fondamenta per unire l’umanità in una comune conversazione intellettuale e in una comune ricerca della conoscenza ”.

Riaffermiamo la convinzione che “lo scopo è raggiungibile e non meramente auspicabile o utopico”. Nel corso di questi dieci anni, non c’è nulla che abbia reso l’obiettivo meno attuabile. Al contrario, l’accesso aperto è ben consolidato e in crescita in ogni campo.

Abbiamo a disposizione più di un decennio di esperienza pratica sui modi di renderlo migliore. La fattibilità dell’accesso aperto è stata ben provata e documentata sul piano tecnico, economico e giuridico.

In questi dieci anni, nulla ha reso l’accesso aperto meno necessario o meno opportuno.

Al contrario, resta vero che “scienziati e ricercatori pubblicano il frutto delle loro ricerche in riviste specializzate senza un compenso” e “senza l’aspettativa di ottenerlo”. In più, spesso i ricercatori partecipano a riviste a revisione paritaria come referee ed editori “senza attendersi una retribuzione”. Eppure, e molto di frequente, le barriere che limitano l’accesso alla letteratura di ricerca soggetta a revisione paritaria restano fermamente al loro posto, per il vantaggio  degli intermediari e non degli autori, dei revisori e dei redattori e a spese della ricerca, dei ricercatori e delle istituzioni di ricerca.

Infine, in questi anni nulla ha suggerito che l’obiettivo abbia perso il suo valore o sia meno desiderabile. Al contrario, è più urgente che mai l’imperativo di rendere la conoscenza disponibile per tutti coloro che possono usarla, applicarla, o svilupparla e ampliarla in futuro.

Riproponiamo le due strategie principali dell’Iniziativa di Budapest: l’accesso aperto tramite gli archivi (detto anche “via verde” o green OA) e quello tramite le riviste (detto anche “via aurea” o gold OA). Dopo dieci anni d’esperienza, confermiamo che l’accesso aperto verde e aureo “non solo è un mezzo efficaci e diretti per raggiungere il nostro obiettivo, ma è immediatamente alla portata dei ricercatori stessi, senza bisogno di attendere che il mercato o la legislazione producano qualche cambiamento”.

L’esperienza di questi dieci anni ci induce a ricordare la definizione di OA presentata nel BOAI originario:

Per accesso aperto alla [letteratura di ricerca soggetta a revisione paritaria] si intende la sua disponibilità libera  sull’internet pubblica, che permette a ciascuno di leggere, scaricare, copiare, trasmettere, stampare, cercare o creare link ai testi integrali di questi articoli, scorrerli automaticamente per indicizzarli, passarli come dati a un programma o usarli per qualsiasi altro fine legittimo, senza ulteriori barriere finanziarie, legali o tecniche se non quelle connesse all’accesso a internet. In questo contesto, le restrizioni alla riproduzione e alla distribuzione e il diritto d’autore dovrebbero servire esclusivamente a garantire agli autori il controllo sull’integrità delle loro opere e il diritto a essere riconosciuti e citati correttamente.

Se in passato le difficoltà principali dell’accesso aperto riguardavano la sua adozione e attuazione, oggi ci sono soluzioni che si stanno diffondendo. Tuttavia i problemi a cui l’OA risponde rimarranno per lo più irrisolti se esso non si propagherà ulteriormente. In questa dichiarazione, riconfermiamo i fini e i mezzi dell’iniziativa di Budapest del 2002 e ci impegniamo a progredire. Ma, in più, ci poniamo un nuovo scopo: entro i prossimi dieci anni, l’accesso aperto deve diventare, in ogni campo e in ogni paese, il sistema predefinito di distribuzione della ricerca recente soggetta a revisione paritaria.

Raccomandazioni per i prossimi dieci anni

1. Politica

1.1 Ciascun istituto di formazione superiore dovrebbe dotarsi di una politica di accesso aperto la quale assicuri che le versioni soggette a revisione paritaria di tutti gli articoli accademici futuri scritti dai loro membri siano depositate nel suo archivio aperto istituzionale (si veda la raccomandazione 3.1 sugli archivi istituzionali).

  • I depositi dovrebbero aver luogo prima possibile, idealmente al momento dell’accettazione dell’articolo, e non oltre la data della pubblicazione ufficiale.
  • Le politiche universitarie dovrebbero rispettare la libertà dei ricercatori di sottoporre i loro articoli alle riviste che preferiscono.
  • Dovrebbero inoltre incoraggiare – ma non pretendere – la pubblicazione in riviste ad accesso aperto, e dovrebbero aiutare i ricercatori a capire la differenza tra il deposito in un archivio aperto e la pubblicazione in una rivista ad accesso aperto.
  • Quando possibile, le politiche delle università dovrebbero essere adottate con un voto da parte delle facoltà; dovrebbero esigere un accesso aperto immediato e dovrebbero essere favorevoli al deposito anche quando non richiesto (per esempio: di insiemi di dati, comunicazioni, conferenze, libri o capitoli di libri, e opere pubblicate prima dell’adozione dell’accesso aperto e così via).
  • Qualora le case editrici non autorizzino l’accesso aperto alle condizioni preferite dall’università, raccomandiamo una di queste due condotte possibili: (a) esigere un deposito “nero” o non ad accesso aperto nell’archivio istituzionale finché non si riesce a ottenere l’autorizzazione ad aprire l’accesso; (b) concedere all’istituzione il diritto non esclusivo di rendere la ricerca futura ad accesso aperto tramite l’archivio istituzionale (con o senza l’opzione per la facoltà di rinunciare a questo diritto per una qualsiasi pubblicazione).

1.2 Ogni istituto di formazione superiore che rilascia titoli di studio avanzati dovrebbe avere una politica che assicuri che le tesi  e le dissertazioni siano depositate all’accettazione nel suo archivio istituzionale ad accesso aperto. A richiesta degli studenti che desiderano pubblicare il loro lavoro, o cercare di brevettare una scoperta brevettabile, si dovrebbero concedere dilazioni ragionevoli piuttosto che esenzioni permanenti.

1.3 Ogni ente di finanziamento alla ricerca, pubblico o privato, dovrebbe avere  una politica che assicuri il deposito in un archivio adeguato delle versioni soggette a revisione paritaria di tutti gli articoli accademici futuri dedicati a ricerche che finanzia e le renda ad accesso aperto il più precocemente possibile.

  • I depositi dovrebbero aver luogo prima possibile, idealmente al momento dell’accettazione dell’articolo, e non oltre la data della pubblicazione ufficiale.
  • Qualora le case editrici non permettano l’accesso aperto secondo i termini dell’ente finanziatore, le sue politiche dovrebbero richiedere ai ricercatori finanziati di trovarsi un altro editore.
  • Se le politiche degli enti finanziatori permettono l’embargo prima che un’opera nuova divenga ad accesso aperto, questo non dovrebbe superare i sei mesi. Non si dovrebbe permettere l’embargo per opere non sottoponibili a diritto d’autore.
  • Gli enti finanziatori dovrebbero trattare i costi di pubblicazione come costi di ricerca e dovrebbero aiutare i ricercatori sovvenzionati a pagare prezzi ragionevoli nel caso di riviste ad accesso aperto che impongano una tariffa di pubblicazione agli autori.
  • Quando possibile, le politiche dei finanziatori dovrebbero richiedere un accesso aperto non solo gratuito, ma libero (libre), preferibilmente con una licenza CC-BY o equivalente.
  • Un archivio è conforme a questo scopo quando prevede l’accesso aperto, è interoperabile con altri archivi e provvede alla conservazione a lungo termine dei documenti. La scelta del finanziatore dovrebbe essere determinata da un’indagine continua su questioni come l’opzione che  favorisca di più il deposito degli articoli finanziati, l’utilità dei depositi, la comodità dei finanziatori e degli autori, e gli incentivi alla crescita dell’accesso aperto.

1.4 Tutte le politiche di accesso aperto delle università e degli enti finanziatori dovrebbero esigere il deposito in un archivio aperto adeguato fra la data di accettazione e quella di pubblicazione. I metadati dovrebbero venir depositati appena sono disponibili ed essere ad accesso libero fin dal momento del deposito. Il testo integrale dovrebbe essere messo ad accesso aperto non appena l’archivio abbia il permesso di renderlo tale.

1.5 Scoraggiamo l’impiego dei fattori d’impatto delle riviste come surrogati per indicare la qualità delle riviste, degli articoli o degli autori. Incoraggiamo invece l’uso di metriche d’impatto e di qualità alternative, meno semplicistiche, più affidabili e completamente aperte per l’uso e il riuso.

  • Qualora le università, gli organismi di finanziamento, e i programmi di valutazione della ricerca abbiano bisogno di misurare l’impatto degli articoli individuali, dovrebbero usare parametri a livello di articolo e non di rivista.
  • Incoraggiamo a fare ricerca sull’accuratezza delle nuove metriche. Se se ne dimostrerà l’utilità e l’affidabilità, ne raccomanderemo l’uso da parte delle università (per la valutazione dei professori per le promozioni e per le cattedre), da parte degli enti finanziatori (per la valutazione delle domande di sovvenzione), da parte dei programmi di valutazione della ricerca (quando devono stimare l’impatto della ricerca) e le case editrici (quando devono promuovere le loro pubblicazioni).
  • Incoraggiamo la produzione di documentazione per spiegare in che modo si è abusato del fattore d’impatto e come le metriche alternative siano in grado di adempiere meglio agli scopi per i quali la maggior parte delle istituzioni ha impiegato in passato i fattori d’impatto.
  • Una volta migliorate le metriche d’impatto, incoraggiamo a studiare ulteriormente la questione se l’accesso aperto e le politiche che lo promuovono aumentino l’impatto della ricerca.

1.6 Le università dotate di archivi istituzionali dovrebbero esigere il deposito di tutti gli articoli di ricerca da considerarsi per le promozioni, l’assegnazione di cattedre o altre le forme di valutazione e revisione interna.

  • Analogamente, gli stati che compiono una valutazione della ricerca dovrebbero richiedere il deposito negli archivi aperti di tutti gli articoli di ricerca da sottoporre a revisione a questo scopo.
  • Nessuna di queste politiche dovrebbe essere intesa a limitare la revisione di testimonianze d’altro tipo o a modificarne i criteri.

1.7 Gli editori che non offrono testi in accesso aperto dovrebbero almeno permetterlo attraverso accordi editoriali formali.

  • Le case editrici dovrebbero astenersi dalle pressioni contro gli stati che agiscono nell’interesse pubblico e contro le istituzioni di ricerca che operano nell’interesse dei ricercatori e della ricerca. Le case editrici dovrebbero disconoscere le azioni di lobbying condotte a loro nome da associazioni professionali o commerciali contro l’interesse del pubblico, dei ricercatori e della ricerca.
  • La minoranza di editori che non permette ancora l’accesso aperto “verde”, per iniziativa degli autori, senza un pagamento o un embargo dovrebbe adottare la posizione della maggioranza.
  • Ricordiamo ai ricercatori che nulla li forza ad essere autori, redattori o revisori per editori che agiscono contro i loro interessi.

2. Licenze e riuso

2.1 Si raccomanda come ottimale per la pubblicazione, la distribuzione, l’uso e il riuso del lavoro accademico una licenza CC-BY o equivalente,

  • Gli archivi aperti dipendono tipicamente dai permessi di terzi, come autori o editori, e sono raramente nella posizione di richiedere licenze aperte. Tuttavia, i decisori in posizione d’imporre il deposito negli archivi dovrebbero esigere, quando è possibile, delle licenze aperte, preferibilmente CC-BY.
  • Le riviste ad accesso aperto sono sempre in posizione di richiedere licenze aperte; ma la maggior parte non approfitta ancora di questa opportunità. Raccomandiamo l’adozione di una licenza CC-BY per tutte le riviste ad accesso aperto.
  • Sviluppando strategie e stabilendo priorità riconosciamo che l’accesso gratuito sia migliore di quello a pagamento, che quello libero sia migliore di quello gratuito e che l’accesso aperto sotto licenza CC-BY o equivalente sia migliore di un accesso libero sotto licenze aperte più restrittive. Dobbiamo attuare quel che possiamo quando siamo in grado di farlo. Non dobbiamo differire l’accesso gratuito per realizzare quello libero, né dobbiamo limitarci all’accesso gratuito se siamo in grado di conseguire un accesso aperto con licenza libera.

3. Infrastrutture e sostenibilità

3.1. Ogni istituto di formazione superiore dovrebbe disporre di un archivio ad accesso aperto, o associarsi ad un consorzio che abbia un archivio collettivo ad accesso aperto, o ottenerlo da fornitori esterni.

3.2. Ogni studioso che produce pubblicazioni, in qualsiasi ambito e paese, anche se non associato a istituti di formazione superiore, dovrebbe avere  diritti di deposito in un archivio ad accesso aperto.

  • Questo richiederà un numero maggiore di archivi istituzionali, o  disciplinari, o di entrambi i tipi. Potrebbe inoltre richiedere, almeno nel  breve termine, archivi più “universali”, che possano essere usati come extrema ratio dai ricercatori che non dispongono di un archivio ad accesso aperto nel loro istituto o nel loro campo disciplinare. L’interfaccia testuale in questi archivi universali deve essere disponibile in diverse lingue.

3.3. Gli archivi ad accesso aperto devono procurarsi gli strumenti per fare l’harvesting dei documenti e il loro ridepositaro in altri archivi ad accesso aperto.

  • I ricercatori che avessero motivo di depositare in più di un archivio  dovrebbero poterlo una sola volta. Quando possibile, gli archivi istituzionali dovrebbero offrire il rideposito degli articoli in archivi disciplinari, a richiesta degli autori (es. arXiv, PubMed Central, SSRN), e dovrebbero fare l’harvesting o scaricare copie delle pubblicazioni dei ricercatori dell’istituzione depositate in archivi disciplinari.

3.4. Gli archivi ad accesso aperto dovrebbero rendere disponibili i dati sui download, l’uso e le citazioni agli autori e anche agli strumenti di calcolo delle  metriche d’impatto alternative. Gli editori di riviste – ad accesso aperto o no – devono fare lo stesso.

  • Gli archivi dovrebbero condividere i dati in formati standard, rendendo possibile (per esempio) agli autori di apprendere quante volte sia stato scaricato il loro articolo depositato in più di un archivio. Nessun autore e nessun archivio dovrebbe avere interesse a bloccare il ri-deposito in un altro archivio soltanto per conservare una misura precisa del traffico.

3.5 Le università e gli enti finanziatori dovrebbero aiutare gli autori a pagare tariffe di pubblicazione ragionevoli nelle riviste ad accesso aperto che lo richiedono, e trovare modi analoghi per sostenere e sussidiare le riviste ad accesso aperto che non impongono costi agli autori.

  • In entrambi i casi, dovrebbero richiedere un accesso aperto libero con licenze aperte, preferibilmente CC-BY o simili, come condizione del loro sostegno finanziario.
  • Questo tipo di finanziamento delle riviste ad accesso aperto soggette a revisione paritaria dovrebbe essere l’investimento prioritario di quanto risparmiato con le disdette o le conversioni delle riviste ad abbonamento.
  • Sostenere le riviste ad acceso aperto a revisione paritaria può essere particolarmente importante per le riviste con un pubblico più limitato, come quelle dedicate al diritto nazionale di paesi piccoli, o scritte in una lingua locale, o incapaci d’imporre un prezzo di pubblicazione agli autori perché poco appropriato (per esempio le riviste di recensioni che pubblicano contributi ad invito)

3.6. Quando le riviste ad abbonamento o non ad accesso aperto autorizzano una qualche forma di auto-archiviazione o di deposito in archivi ad accesso aperto, dovrebbero descrivere che cosa permettono in termini precisi e leggibili sia per le persone sia per i computer, secondo un modello aperto. Tali descrizioni dovrebbero indicare almeno la versione depositabile, la tempistica del deposito e le licenze attribuibili alle versioni depositate.

3.7. Gli archivi ad accesso aperto dovrebbero offrire gli strumenti, già disponibili gratuitamente, per convertire i depositi in PDF in formati leggibili dalle macchine, come l’ XML.

3.8. Gli istituti di ricerca, enti finanziatori compresi, dovrebbero patrocinare lo sviluppo e la manutenzione di strumenti, indici e risorse essenziali al progresso e alla sostenibilità dell’accesso aperto.

  • La lista degli strumenti essenziali si evolverà nel tempo, ma comprende: archivi e riviste ad accesso aperto, software libero e a sorgente aperto per la gestione di archivi e di riviste, sistemi di text-mining e datamining, indicizzazioni di riviste ed archivi ad accesso aperto, schedature  delle linee di condotta di università e enti finanziatori, fornitori di licenze aperte, servizi di conservazione digitale, di aggiornamento editoriale e di creazione di URL permanenti e collegamenti incrociati, nonché motori di ricerca.
  • Gli istituti di ricerca dovrebbero inoltre sostenere l’istituzione, a livello mondiale, di standard aperti per i metadati e la loro interrogazione, applicabili da editori e archivi per rendere la ricerca ad accesso aperto più facile da scoprire, recuperare e usare.

3.9. Dovremmo migliorare e usare gli strumenti necessari a raccogliere le referenze o le citazioni bibliografiche dalla letteratura pubblicata. Chi cita chi   è un fatto di pubblico dominio: i dati citazionali dovrebbero essere ad accesso aperto e in formati standard per l’uso, il riuso e l’analisi Questo aiuterà i ricercatori e gli istituti di ricerca a conoscere la letteratura esistente anche se non possono accedervi, e a sviluppare nuove metriche di accesso e d’impatto.

  • Esortiamo tutti gli editori a cooperare in questo tentativo.
  • Raccomandiamo lo sviluppo di infrastrutture in cui editori, autori, volontari, imprenditori terzi o programmi possano depositare i dati sulle referenze, affinché vengano ospitati per essere distribuiti ad accesso aperto.

3.10. Dovremmo dare il nostro aiuto alla raccolta, organizzazione e divulgazione in formati standard di metadati ad accesso aperto per tutte le pubblicazioni vecchie o nuove, anche ad accesso chiuso.

3.11. Gli editori accademici hanno bisogno di un’infrastruttura per gli URL permanenti ed i collegamenti incrociati basata su standard aperti e disponibile gratuitamente, che sostenga linking e attribuzione a livelli arbitrari di granularità (di paragrafo, d’immagine o di frase).

3.12. Incoraggiamo a sviluppare ulteriormente gli standard aperti per l’interoperabilità e gli strumenti per applicarli in riviste e archivi ad accesso aperto.

3.13. Promuoviamo la sperimentazione di metodi diversi di revisione post-pubblicazione e la ricerca sulla loro efficacia

  • L’accesso aperto tramite archivi, riviste e libri è compatibile con ogni tipo di revisione paritaria tradizionale, pre-pubblicazione, e non ne presuppone una forma particolare. Raccomandiamo la sperimentazione della revisione paritaria post-pubblicazione non tanto perché sarà superiore – anche se lo potrebbe essere – quanto perché ridurrebbe la procrastinazione nel rendere ad accesso aperto un’opera nuova e il costo della prima copia.

3.14. Incoraggiamo la sperimentazione di nuove forme di “articolo” e “libro” di ricerca accademica, che integrino utilmente i testi con dati di sostegno, elementi multimediali, codice eseguibile, letteratura pertinente e commenti degli utenti.

  • Esortiamo a sperimentare modi migliori di trar profitto dal medium e dalle reti digitali a vantaggio della ricerca
  • Incoraggiamo anche alla sperimentazione perché le macchine – e non solo i lettori umani – riescano ad approfittare al meglio della rimozione delle barriere propria degli articoli ad accesso aperto.
  • Per favorire questi scopi incoraggiamo a usare standard e formati aperti e a far ricerca sulla loro efficacia.

4. Propaganda e coordinamento

4.1. Dovremmo fare di più per rendere gli editori, i redattori, i revisori e i ricercatori consapevoli dei criteri professionali per la pubblicazione ad accesso aperto, per esempio in merito alle licenze, alle procedure redazionali, alla richiesta di proposte di pubblicazione, alla trasparenza sugli autori e alla gestione dei prezzi di pubblicazione. Redattori, revisori e ricercatori dovrebbero valutare le occasioni d’impegno con editori e riviste sulla base di tali parametri di comportamento professionale. Se non ne sono all’altezza, dovremmo innanzitutto aiutarli a migliorarsi.

  • Per valutare un editore o una rivista ad accesso aperto nuova o sconosciuta, raccomandiamo semplicemente che i ricercatori consultino l’associazione degli editori accademici ad accesso aperto OASPA (Open Access Scholarly Publishers Association) e il suo codice di condotta, sulla base del quale i suoi membri sono passati al vaglio. All’OASPA dovrebbero essere mandate le lagnanze sui soci e i suggerimenti per migliorare il codice di condotta.
  • Esortiamo tutti gli editori e le riviste ad accesso aperto ad applicare la procedura raccomandata dall’OASPA oppure a fare domanda d’associazione – il che comporterebbe una revisione delle loro procedure e, se necessario, un’occasione per emendarle.

4.2. Dovremmo sviluppare linee guida per le università e gli enti finanziatori che considerino le politiche dell’accesso aperto e comprendano le linee di condotta consigliate, le procedure raccomandate e le risposte alle domande frequenti.

4.3. Incoraggiamo a sviluppare un servizio stabile che renda facile seguire il progresso dell’accesso aperto tramite i grafici e i numeri rilevanti. Ciascuna porzione d’informazione dovrebbe essere aggiornata regolarmente e le sue fonti o i suoi metodi di calcolo indicati con chiarezza.

4.4. La comunità dell’accesso aperto dovrebbe agire più frequentemente in concerto. Quando possibile, organizzazioni e attivisti dovrebbero trovare il modo di coordinare le loro attività e le loro comunicazioni per usare meglio le loro risorse, minimizzare le duplicazioni, rendere il messaggio più forte e dimostrare coesione.

  • Dovremmo creare meccanismi di comunicazione e coordinamento reciproci migliori.
  • Dovremmo cercare di raggiungere ii nostri colleghi accademici, la stampa accademica e la stampa non accademica più diffusa. Ora come non mai i media accademici e no sono informati sull’accesso aperto: questa è un’occasione da cogliere per contribuire a istruire tutti i gruppi interessati sull’OA e sulle nuove proposte per farlo progredire.

4.5. La campagna mondiale per l’accesso aperto agli articoli di ricerca dovrebbe cooperare in modo più stretto con quella per l’accesso aperto ai libri, alle tesi e alle dissertazioni, ai dati della ricerca e della pubblica amministrazione, alle  risorse didattiche e al codice sorgente.

  • Ci dovremmo coordinare con iniziative affini, anche se sono meno direttamente legate all’accesso alla ricerca, come la riforma del diritto d’autore, la soluzione del problema delle opere orfane, la conservazione dei documenti digitali, la digitalizzazione della letteratura a stampa, la formulazione di politiche basate sull’efficacia, la lotta per la libertà di parola, e l’evoluzione delle biblioteche, dell’editoria, della revisione paritaria e dei media sociali.
  • Dovremmo trovare il modo di rendere le nostre voci distinte più forti quando difendiamo principi comuni.

4.6. Abbiamo bisogno di articolare con più chiarezza ed evidenza, e a più gruppi interessati, le seguenti verità sull’accesso aperto:

  • L’accesso aperto fa bene alla ricerca e ai ricercatori; la sua mancanza li ostacola.
  • • Nella ricerca a finanziamento pubblico, l’accesso aperto avvantaggia i contribuenti e aumenta il ritorno del loro investimenti in questo settore. I suoi benefici sono tanto economici, quanto accademici.
  • L’accesso aperto esalta il valore sociale della ricerca, e le politiche di accesso aperto quello delle agenzie finanziatrici e degli istituti di ricerca
  • I costi dell’accesso aperto si possono recuperare senza dover devolvere fondi ulteriori rispetto all’attuale sistema di comunicazione accademica
  • In tutto il mondo l’accesso aperto è compatibile col copyright e anzi dà agli autori e ai lettori più diritti di quelli attualmente riconosciuti dai contratti editoriali convenzionali.
  • L’accesso aperto è compatibile con i parametri qualitativi più alti.

12 settembre 2012

Budapest, Ungheria

Translation by Chiara Cervasio and Carolina Freschi, revised by Maria Chiara Pievatolo